
 Annamaria Pittari e la figlia Sara
 Manifesto
 Bottega del frescante
 Tavolo della Bottega
 "preziosa dispensa"
 Sabbia e setacci
 Calce
 Intonaco
 Cazzuola e fratazzi
 Filo a piombo e battifilo
 Pennelli
 Bozzetto
 Affresco "didattico"
 Cartone e spolvero
 Pestare i pigmenti
 Battitura dei fili
 Muratori nel cantiere
 Dal singolo al collettivo
 Il puzzle ricomposto
 Un lavoro eseguito
 Un lavoro eseguito
 Annamaria Pittari e la figlia Sara

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Giotto e i suoi "pittari" al FAES di Milano
Mi chiamo Annamaria e sono nata il 25-3-1966, data in cui si ricorda l’annunciazione dell’Angelo alla Madonna. Il mio nome non è un caso: trovandosi
mia madre in difficoltà durante il parto, fummo affidate entrambe alla protettrice delle partorienti, S. Anna, e a sua figlia Maria.
L’affidamento fu provvidenziale ed ora eccomi qui, con questo nome che è tutto un programma, ed anche un cognome adatto alla “collezione delle
coincidenze” del prof Filippetti: Pittari, di professione pittrice e decoratrice di ambienti.
Questa professione è stata da me desiderata e ottenuta con grande sacrificio e tanta determinazione dopo ben 21 anni di lavoro da scrivania e 4
figli, alla veneranda età di 40 anni. Per molto tempo ho tenuto a freno la mia indole creativa e l’impazienza di mettere a frutto il dono ricevuto;
tenacia e coraggio, uniti al paterno e affettuoso sostegno di mio suocero, hanno fatto fiorire un patrimonio di tempo, denaro e fatica su cui ho
investito per arricchire la mia formazione artistica, conciliando famiglia e lavoro.
Finalmente ora ho la possibilità di esprimere e condividere la mia ammirazione per le bellezze del Creato, in primo luogo con riferimento alla
natura, ma anche per quelle cui l’uomo collabora con il Creatore a perpetuare attraverso l’uso dei suoi doni (la musica, la pittura, la scultura, il
gusto per l’armonia delle forme, del colore, l’architettura, la manualità…).
Finalmente è giunto il momento di mettere a frutto i miei doni, tra i quali l’amore per la bellezza e l’arte di “fare amare la bellezza”.
Forse non è un caso che la mia strada mi abbia portato ad incontrare il prof Filippetti, che ho stimato ancor prima di conoscerlo dopo aver letto le
poche righe di presentazione di Itaca a lui dedicate, per cui ho avvertito una unità d’intenti, seppure con mezzi e conoscenze diverse.
Ho in mente un ricordo di quando ero ragazzina che puo’ spiegare quello che provo: osservando lo spuntare di nuove margherite sul prato alla fine
dell’inverno, ho provato una gioia intensa e un forte desiderio di poter, un giorno, condividere questa gioia con i miei figli. Nonostante l’età il
mio entusiasmo si è fermato a quell’epoca e a volte è così traboccante che vorrei esprimerlo a tutti… purtroppo non tutti gli adulti sono sulla mia
stessa linea d’onda, o forse sono io fuori dalla loro, quindi non mi resta che parlare a chi comprende la mia lingua: i bambini.
Anche negli anni in cui non avevo il tempo per dipingere, impegnata ad incastrare lavoro e figli piccoli, non ho rinunciato ad esprimere la mia
creatività, impegnandomi in attività educative ”fai da te” dove la manualità era sempre finalizzata all’assimilazione di una competenza: “saper fare”
o imparare qualcosa.
In fin dei conti stiamo parlando di “far cultura” giocando.
La mia esperienza in questo campo, estesa anche ad altri bimbi oltre ai miei, risale a 14 anni fa, al tempo in cui il mio primogenito Simone
frequentava il nido, e tuttora collaboro con la scuola delle figlie piu’ piccole con laboratori e feste di fine anno.
Proprio attraverso la loro scuola, il FAES MILANO, mi sono trovata “travolta” dall’esperienza dei laboratori didattici, un po’ per caso, ma forse
“non per caso”.
Inizialmente mi è stato offerto un ruolo marginale e di supporto, ma per una serie di circostanze mi sono trovata, all’ultimo momento, completamente
sola a gestire un’attività ambiziosa sia per l’argomento trattato, sia perché è stato aperto a tutto il territorio (Milano e dintorni) e i numeri
parlano da soli: sono circa 800 i bambini transitati dai nostri laboratori didattici in sole due settimane.
Grazie al Cielo, a soli 7 giorni dall’apertura delle attività ho trovato la disponibilità della mia amica Valentina, bravissima pittrice che si
occupa di ceramica (ma che ceramica!!! talento, originalità e gusto uniti ad una modestia disarmante) con cui ho condiviso almeno l’onere delle
lezioni (46 complessivamente).
Abbiamo adibito un’aula della scuola Faes Argonne , intitolata La “Bottega del frescante”, come la bottega di un pittore medioevale, con la presenza
di colori e attrezzi necessari sia alla pittura a secco ,sia a-fresco.
Per evitare l’acquisto di costosi materiali destinati a non essere utilizzati ho ripreso contatto con il mio prof. di affresco della scuola di Arti
Applicate del Castello Sforzesco di Milano, che ha prestato buona parte del materiale presente sul tavolo della “bottega”, oltre ad una preziosa
dispensa sull’affresco, che mi è stata utile per documentarmi e rielaborare una lezione adatta ad un pubblico di bambini/ragazzi.
A parte i pigmenti in polvere e agli attrezzi specifici per la realizzazione dell’affresco (sabbia, setacci, calce, mastello per l'intonaco, cazzuole,
fratazzi, battifilo, filo a piombo e pennelli) mi sembrava utile produrre dei manufatti per chiarire le varie fasi dell’affresco, dando maggior
rilievo al metodo in uso nel medioevo, quindi all’epoca di Giotto.
Partendo dal soggetto indicatomi, l’Adorazione dei Magi, ho quindi realizzato il bozzetto e un affresco “didattico” di tale soggetto per
mostrare le fasi di lavoro nell’affresco ai tempi di Giotto: dal mattone alla prima stesura di intonaco, allo studio del soggetto (“sinopia”)
direttamente sull’arriccio; copertura della sinopia con tonachino da dipingere prima della sua asciugatura.
Per conoscenza è stata spiegata la realizzazione dei “cartoni” e dello “spolvero”, sebbene risalenti al rinascimento.
I laboratori sono stati aperti alle scolaresche dalla materna alle medie, con attività studiate specificatamente, anche in considerazione della
presenza di bambini che si presentavano individualmente, nel week end; vale a dire che le attività potevano essere individuali o collettive, per
piccoli, medi e grandi.
Un esempio: il primo giorno si è presentato un gruppo di bimbi provenienti dalla stessa scuola materna, ai quali io e la mia amica Valentina, ci
siamo presentate in camice (ovviamente sporco di colori) e con i pennelli in testa per fermare l’acconciatura.
Alla domanda “chi pensiate che noi siamo?” una bimba ha risposto, guardandoci dal basso verso l’alto e con aria molto compresa:”Due famose pittrici!”.
Da lì ho capito che eravamo in sintonia: mi sono inventata il ruolo di assistenti del maestro Giotto, il quale stava facendo un pisolino, per cui
eravamo liberi di curiosare nel suo laboratorio. Per entrarvi occorreva fare una salto nel passato: con un salto all’indietro sulla soglia dell’aula,
ognuno entrava ufficialmente nel 1300; anche Matteo, un po’ spaventato dalla stramberia delle nostre proposte, che è entrato insieme al padre (ma
poi non se ne voleva piu’ andare!).
La lezione sull’affresco in questo caso è consistita nell’osservazione dei materiali presenti, prendendo spunto dalle loro curiosità, e
immedesimandoli nei bambini che già all’età di 6 anni entravano in bottega per svolgere le mansioni piu’ semplici, che loro stessi hanno provato a turno:
a) - attingere all’acqua del pozzo o della fonte;
b) - setacciare la sabbia con il setaccio grosso, per l’arriccio, e con il setaccio fine, per il tonachino;
c) - pestare i pigmenti in polvere con il pestello
d) - procurarsi i carboncini dal camino per la realizzazione dei bozzetti (facendo provare su carta la fusaggine e far capire in che modo l’IDEA PRENDE FORMA)
e) - Introdotto l’argomento del cantiere, parlando di Giotto e dei suoi collaboratori, abbiamo spiegato la necessità di dividere lo spazio del muro per
ottenere i riquadri e le fasce decorative, attraverso la battitura dei fili.
Devo dire che questa è stata in assoluto l’attività da sperimentare piu’ ambita da grandi e piccini, e che a volte ha sorpreso anche gli accompagnatori, per lo piu’ insegnanti.
La cosa che è piu’ piaciuta ai bimbi è stata lo sperimentare una piccola attività, mettendosi in prima persona di fronte all’esigenza di “aiutare”
Mastro Giotto a fare l’affresco, anche semplicemente riempiendo la brocca di acqua da portare vicino agli altri materiali, sabbia e calce o poter girare la cazzuola nell’intonaco mentre mostravo l’immagine del muratore che lo stende con cazzuola e fratazzo.
Per terminare ho mostrato l’affresco da me realizzato per far capire il concetto degli strati, dai mattoni all’arriccio all’affresco vero e proprio,
spiegando il fenomeno, o meglio “la magia” della carbonatazione: la calce che prende con sé i pigmenti e asciugandosi all’aria ritorna ad essere una
pietra, un minerale dai colori indelebili.
Per collegarmi all’attività del laboratorio ho spiegato la necessità di dividere l’enorme lavoro in “giornate”, non potendo terminare tutto l’enorme
dipinto prima dell’asciugatura dell’intonato. Quindi ho distribuito ad ogni bimbo la tessera di un puzzle che, ricomposto e colorato, ha ricondotto
ad una delle immagini proposte.
Dal lavoro del singolo (ognuno ha colorato il proprio pezzo) siamo giunti ad un unico lavoro collettivo, incollando su un foglio (precedentemente
riquadrato con la battitura dei fili) tutti i pezzi a formare il riquadro; per finire i più veloci hanno colorato le fasce decorative, incollate alle estremità.
Con i più grandi , i giorni successivi, abbiamo dovuto ricalibrare il linguaggio e le risposte in base all’età e alla classe. A proposito: poveri
insegnanti! non tutte le classi riflettono l’età in termini di maturità, interesse e disciplina! E’ capitato di avere una terza elementare di
“scienziati” interessati e ricchi di stimoli, e una terza media di ragazzi diciamo… poco collaborativi. Sono riusciti a gelare persino il mio
travolgente entusiasmo!
E’ stata un’esperienza davvero impegnativa, anche perché le lezioni erano spesso serrate, con l’esigenza di incastrare un gruppo dietro l’altro,
pulendo i materiali, il locale e preparando quelli del gruppo successivo; per fortuna che in tali situazioni siamo state aiutate da 2 mamme della
scuola, che a turno ci hanno destinato qualche loro mattinata; alla sera – tardi - dovevo poi occuparmi della gestione delle prenotazioni che
quotidianamente venivano ricevute dalla centralinista, la povera mitica Alessandra, e rielaborare i dati per le nostre esigenze di turni, orari,
disponibilità materiali e adattamento al numero variabile dei partecipanti e alle esigenze delle insegnanti.
L’attività dei ragazzi piu’ grandi è stata l’esecuzione di sinopia: immaginando di dipingere sull’arriccio, simbolizzato dalla carta da spolvero, i
ragazzi andavano a ricalcare con carta carbone l’ingrandimento di un semplice soggetto, idealizzando il disegno fatto a carboncino; nella fase
successiva spiegavo le proprietà dei pigmenti in polvere diluiti con acqua, andando a creare il contorno a pennello con pigmento rosso tipo sinopia,
e procedendo quindi allo studio del chiaro-scuro ragionando rispetto al punto luce scelto da Giotto ed osservando la fotocopia del disegno originale.
Per le classi intermedie ho scelto soggetti molto semplici, un gregge di pecore, o un angelo, solo da contornare, ma da colorare con i pastelli a
cera pensando ai paesaggi di Giotto o al suo cielo stellato. Sono venuti fuori alcuni capolavori; dispiace di non averli immortalati!
Altri giunti individualmente nel week end hanno provato a realizzare lo spolvero di un semplice particolare.
Parlando di week end, non mi resta che passare la tastiera del computer a mia figlia Sara, che ha fatto da mia assistente: Sara ha solo 9anni, ma è
stata la mia “assistente n.1” per feeling e laboriosità.
Ho aiutato la mia mamma in 6 laboratori…sono stati molto impegnativi!!!!
C’erano bambini di tutte le età, ed è stato molto utile per la mamma che io aiutassi i bambini più piccoli a colorare mentre lei insegnava ai più
grandi. La mia mamma mi ha affidato questo incarico perché sono molto brava a disegnare e ci so fare con i piccoli. Quando però si è presentato un
gruppo di bambini della mia età, mi sono sentita a disagio, ma mi sono fatta coraggio e ho fatto quello che serviva: durante la spiegazione la
mamma mi chiedeva di aiutarla o di passarle degli strumenti. Che fatica, poi, risistemare l’aula tra una lezione e l’altra: i tavoli erano a
soqquadro e bisognava scopare, raccogliere i pastelli a cera, riordinare le sedie e preparare il materiale per i bambini del turno successivo.
Per fortuna che la mamma ha potuto contare su di me!
Annamaria Pittari e Sara Ghezzi [dicembre 2011]
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