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C'è prima e dopo Cristo, prima e dopo il 2 dicembre 1972 e - di conseguenza - prima e dopo il navigatore satellitare...

C'è quel 25 marzo in cui il "sì" di una ragazzina spacca in due la storia, e la orienta.
E c'è quel 2 dicembre in cui la cosa si fa interessante per la mia giovinezza di diciannovenne matricola di Lettere. Urbino. Chiesetta incastonata nella verde "selva del convento dei cappuccini" di pascoliana memoria, cuore antico dell'ultramoderno College, detto appunto "Dell'Aquilone" (di Pascoli). Nella bacheca della chiesetta c'è quel piccolo avviso: "Cappella Universitaria, chiesa di san Francesco, Piazza Repubblica". Vado, suono, scende un frate che mi dice: "Lasci stare la Cappella Universitaria! Vada su vicino al duomo e cerchi...". E ho trovato (meglio: sono stato trovato da) quel gruppetto di ragazzi e ragazze, quel terminale periferico di una strana affascinante compagnia, nata attorno ad un prete brianzolo. Un abbraccio.

1972-1976: quattro anni di studio gustoso e speranzosissimo. I maestri: Carlo Bo, di striscio Mario Luzi, ma soprattutto Mario Petrucciani che mi ha fatto "incontrare" Ungaretti. Poi gli amici, a cominciare da Manuela e Antonella con le quali si stava su Leopardi fino alle tre di notte, ridendo di gusto, seriamente. Poi quella ragazzina minuta e carina. L'ho sposata che non avevo ancora 24 anni. Era domenica 10-7-77 (tanti quell'anno si sposarono il 7-7-77, di giovedì, per la data scaramantica... Poveretti!). Prometteva bene, lei, fin dal nome e dai cognomi di famiglia: Ornata Rosati, mamma Fiorelli, nonna Giardini. Ho sposato donna ornata di rosati-fiorelli di giardini. Spettacolare fanciulla in fiore: dopo quarantacinque anni di matrimonio "ti leggo tra le righe... ti leggo tra le rughe" (questa non è mia ma di Clericetti). L'abbraccio radioso.


Si mette su casa in Veneto, entrambi insegnanti: lei maestra elementare, io alle Superiori a Padova, poi a Dolo (VE). Faccio scuola, tengo corsi-maturandi e scrivo di letteratura. I primi due libri - Ungaretti homo viator e il cofanetto di dispense L'uomo spezzato e la domanda di assoluto - li ho spediti a don Giussani. La sua risposta autografa l'ho sempre guardata, ed ora venerata, come "consegna", indicazione di un dono e di un compito, mandato:



"...le tue lezioni e i tuoi saggi, così espressivi del nostro cuore e della nostra ragione... abbraccio te e Ornata..." : se tu mi dici così, io non mi fermo più! Indefesso, mica fesso! E via a macinar chilometri, prima nel giorno libero, poi con disponibilità totale nei tre anni di "comando" mentre adesso, col part time, faccio tre giorni a scuola e tre in giro.

"Abbraccio te e Ornata..." : parole del 2 ottobre 1985 che nell'agosto 1986 si fanno abbraccio fisico. Da cinque mesi eravamo papà e mamma di due fratellini colombiani, Giacomo e Riccardo.



Guardo ogni giorno questa grande foto, incorniciata in sala, e ogni volta sento gorgogliare su dal cuore le stesse parole fresche come dolomitico ruscelletto tra i sassi: "Tutta la nostra famiglia" e tu - don Gius - sei il trait-d'union.

Guardo lì ogni giorno... perché la questione è dove guardare, su cosa tenere la coda dell'occhio mentre si guarda tutto. Guardo lì e penso: "Siamo in missione per conto di Dio" (memorabile film). Guardo lì per continuare a dare la vita per l'opera di un altro e non cadere nell'attivismo; poi parto, e qui viene il navigatore satellitare. "Cammina l'uomo quando sa bene dove andare" (questa è di Claudio), e il navigatore aiuta. Parto e arrivo e sono a casa, In Italia come in Svizzera, in Paraguay come in Perù. E a Betlemme e a Gerusalemme: a Casa.

A volte la casa è un anticipo di paradiso: le silenti case Memores; le tante case cinguettanti di bambini nelle quali sono stato ospitato; Como Cometa - una festa per gli occhi e per il cuore - che tu Erasmo hai arredato "da signori" proprio perché ogni figlio veda che c'è il Signore; Via Boccea a Roma quando Jonah guida le Ore in retto tono; le chiese in cui gli amici cantano mentre io faccio cantare Giotto e Duccio (grazie, Mariella, di come mi hai insegnato a guardare la Maestà), Caravaggio (grazie, Marco, di come mi hai insegnato a riconoscerne il paradosso) e Van Gogh. E sono un anticipo di paradiso i mosaici di Monreale e tutta la bellezza dell'arte; e la bellezza della carità (grazie Famiglie per l'accoglienza, amici di Edimar, di Cilla, di... di... Grazie Stefano di Melzo che mi hai fatto la carità di tante ore del tuo tempo per fare più bello il mio lavoro). "Centuplo quaggiù" sono anche le parole che cantano negli incontri con Silvia e Chiara di ComunicArTe, nelle tante e-mail che sono vere litterae communionis, nelle appassionate visite guidate alle mostre tenute da voi guide che mi siete stati "non discepoli ma figli" (e che commozione mi avete regalato, voi, quando mi avete confidato che "anche un po' per colpa mia" avete deciso di orientarvi sull'insegnamento, di spendere la vita come militia nel tempo della grande emergenza educativa).

Anticipo di paradiso, letizia, "centuplo quaggiù": ecco, sono uno che si è sorpreso a veder volare gli anni nella gratitudine per una esperienza come questa. Bonum est diffusivum sui: una bellezza così non puoi tenerla per te, ma devi comunicarla. Sono state concepite con questo cuore nell’ultimo quindicennio le mostre didattiche itineranti che ho curato per Itacaeventi sugli affreschi di Giotto a Padova ed Assisi, poi sui capolavori di Caravaggio e Van Gogh. Sono nati così anche i libri che ho dedicato alle fiabe e ai grandi poeti e narratori: Ungaretti, Leopardi e Manzoni, Pirandello, Pascoli, Montale… Tutto è nato dal desiderio di riportare il Mistero tra la gente-gente. Ma per questo ci vuole un cuore bambino, tutto mancante. Ci vuole lo sguardo radioso, baldanzoso, per l'abbraccio di babbo Tolmino e mamma Rosina:



Un cuore bambino in un uomo adulto, che consiste nel grande abbraccio ecclesiale:



11 febbraio 2015. Chiudo gli occhi e dico: "Madonna mia, che dono questo incontro!"



Poi apro gli occhi: "Don Julian, abbiamo gli occhiali identici..."






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